La Riforma del reclutamento nelle Università. Gli obiettivi della riforma Fioramonti

Già da qualche mese il partito dei Cinque Stelle ha voluto ribadire come sia fondamentale attuare una vera e propria riforma del reclutamento dei docenti e dei ricercatori dell’università. L’obiettivo è quello di apportare un vero e proprio rinnovamento che riguarda il sistema che sta alla base del reclutamento nelle università, con l’intento di farlo diventare il più trasparente e meritocratico possibile e bloccare la creazione di precari a vita generata dalla riforma Gelmini. Lo scopo, almeno da quanto si evince dalle parole del partito, è quello di poter adattare questo sistema finalmente alle effettive necessità dei vari atenei italiani non solo dal punto di vista didattico, ma anche sotto il profilo scientifico. In realtà, la riforma è anche suggerita dalle diverse sentenze della Corte di Giustizia di Lussemburgo e dall’UE, orientata a contenere l’utilizzo senza freni dei contratti a tempo determinato nella Pubblica Amministrazione.

Un altro aspetto importante è quello di assorbire gradualmente il precariato e dare una possibilità concreta di stabilizzazione alla numerosa platea dei ricercatori universitari a tempo determinato. Infatti, la platea dei ricercatori universitari precari ha dato vita ad una serie di proteste e iniziative proprio per denunciare lo stato di precarietà e malessere in assenza di prospettive di lavoro stabile, anche dopo 10/15 anni di servizio svolto negli atenei con contratti di assegno di ricerca, post dottorato, ricercatore di tipo A e B.

La riforma del reclutamento del personale docente nelle università: ecco la proposta di legge del M5S.

L’iniziativa della riforma è contenuta in un disegno di legge a firma del ViceMinistro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. Uno degli obiettivi a cui mira la riforma della Legge Gelmini è senz’altro quello di garantire i ricercatori nel regolare turn-over del personale docente, come era stato ampiamente dibattuto a Palazzo Chigi all’interno del Contratto di Governo. La proposta di legge del M5S ha fatto tappa presso la commissione Cultura alla Camera dei Deputati, che ha esaminato il nuovo sistema di reclutamento dei ricercatori universitari con i nuovo ruoli previsti dai contratti a tempo indeterminato e quelli, previsti ancora nella riforma, del tempo determinato.

Uno dei punti di forza di questa proposta di legge è certamente l’unificazione delle due figure di RTD esistenti in un’unica figura, con l’eliminazione dei due tipi Ae B, per consentire un chiaro accesso ai ruoli universitari e alla stabilizzazione del precariato della ricerca. Il Movimento Cinque Stelle mira a ridurre il più possibile lo stato di precariato dei ricercatori e garantire loro la certezza di ingresso alla carriera accademica.

Una delle novità è rappresentata proprio dal rilancio della figura del ricercatore universitario a tempo indeterminato. Lo scopo ultimo, come si può facilmente intuire, è quello di far scomparire il prima possibile il termine precariato in riferimento a questo settore. Uno strumento, quest’ultimo, che secondo i parlamentari i proponenti della riforma rappresenta la medicina migliore per curare un sistema di ricerca che ha un urgente bisogno di essere rinnovato, ma anche per offrire una prospettiva di carriera sicura, più gratificante e meritocratica ai ricercatori più giovani. La riforma ha anche il compito di frenare il fenomeno della cosiddetta “la fuga di cervelli” verso l’estero, dove ci sono ancora migliori e più gratificanti prospettive di carriera.

Il piano straordinario per aggirare il blocco assunzioni

Per quanto riguarda la questione università, i parlamentari del M5S difendono a spada tratta il Vice Ministro Fioravanti, ribattendo alle critiche secondo cui la riforma, che dovrebbe essere contenuta nella legge di bilancio del 2019, potrebbe avere effetti catastrofici sul sistema accademico. Gli interventi previsti per il settore universitario sono numerosi, con le novità più importanti che andranno a riguardare sia la ricerca che l’accademica. Il Governo, come è stato sottolineato dai parlamentari del M5S, ha lanciato un programma straordinario che riguarda il reclutamento di tutti quei ricercatori della categoria “B”, che non subirà alcuna conseguenza dal blocco delle assunzioni all’università stabilito fino al mese di dicembre. Sono stati previsti anche altri incentivi per fare finalmente il salto di qualità. Non solo per quanto concerne la deroga rispetto ai limiti nelle assunzioni, ma anche per quanto riguarda ulteriori posti da RTD nelle università italiane. È fondamentale e anche urgente apportare dei cambiamenti in primis nella definizione dei docenti pre ruolo, riprendendo ad investire in modo massiccio sia nella ricerca che nell’istruzione.

I limiti di tempo dei contratti precari

Una delle misure proposte dal M5S, però, rischia di fare un buco nell’acqua: si tratta dei limiti di tempo che verrebbero posti ai contratti precari. In realtà, quello che di cui effettivamente necessita il sistema universitario è un incremento generale del finanziamento insieme ad un gruppo di manovre straordinarie. Il mirino dovrebbe essere puntato verso la notevole riduzione dell’organico, pari al 25% nel corso dell’ultimo decennio. È impressionante notare come sia l’unico ramo della P.A. ad essere stato oggetto di un taglio di tali proporzioni. Un bacino di precariato contro cui bisogna agire fin da subito, prima che sia davvero tutto il sistema a finire ancora di più in ginocchio.

Come si diventa professore universitario e com’è strutturata la carriera universitaria

Sono essenzialmente due i ruoli correlati alla docenza: si tratta dei docenti veri e propri e dei ricercatori. Questi ultimi, rispetto ai primi, ricevono unicamente il titolo, ma non si tratta di figure di professori aggregati dal punto di vista accademico. Per diventare docente universitario bisogna soddisfare due requisiti: il primo è quello di aver conseguito un diploma di laurea nell’ambito disciplinare che si preferisce; il secondo aver vinto un concorso per un dottorato di ricerca. Nella maggior parte dei casi, il dottorato ha una durata che varia da 3 fino a 5 anni. In questo lasso di tempo, il ricercatore dovrà svolgere compiti specifici, come ad esempio redigere degli articoli, pubblicare delle ricerche, collaborare per lo sviluppo di pubblicazioni e di libri nell’area di proprio interesse, avere svolto attività di docenza. Una volta che saranno trascorsi tre anni dall’entrata in ruolo, ecco che il ricercatore dovrà affrontare un primo esame: superata tale prova, potrà godere della figura di ricercatore confermato, altrimenti dovrà ripeterla. Successivamente, il ruolo di professore associato potrà essere ottenuto prendendo parte e poi superando un vero e proprio concorso pubblico, con cui si potrà procedere con l’attività di insegnamento, da 250 a 350 ore all’anno.

Il reclutamento nelle università verrà comunque gestito mediante dei concorsi locali, organizzati direttamente dagli stessi atenei. Nella carriera universitaria sono comprese diverse figure. Dall’alto verso il basso ci sono il professore di prima fascia, il professore di seconda fascia, il ricercatore con un contratto a tempo indeterminato, il ricercatore con un contratto a tempo determinato di durata triennale che non si può rinnovare (alla fine di tale periodo si potrà accedere alla figura di professore di seconda fascia); il ricercatore a tempo determinato con un contratto di tre anni rinnovabile per altri due anni; infine, l’ultima figura è quella che si occupa degli assegni di ricerca: in questo caso, i contratti individuali possono durare da uno fino a tre anni, ma complessivamente non possono superare i sei anni.