Viviamo in una società dominata dall’incertezza e caratterizzata da un’elevata instabilità coniugale, con un crescente tasso di separazioni e divorzi. I
n questo contesto, diventa sempre più evidente la necessità di strumenti che aiutino nella prevenzione e nella gestione dei conflitti coniugali in caso di separazione, con l’obiettivo prioritario di tutelare i figli in questi delicati momenti di cambiamenti nelle relazioni familiari.
Uno di questi strumenti è la mediazione familiare. In questo articolo esploreremo in cosa consiste e in particolare quali sono le modifiche apportate dalla Riforma Cartabia (legge 206/2021).
Sommario
- Cos’è la mediazione familiare?
- Quando è utile la mediazione familiare?
- Chi conduce la mediazione familiare?
- Cosa cambia con la Riforma Cartabia?
- Ci sono casi in cui la mediazione familiare è obbligatoria?
1. Cos’è la mediazione familiare?
La mediazione familiare è stata definita come un “percorso di ristrutturazione e rigenerazione delle relazioni familiari tra le parti, nella difficile transizione tra la relazione affettiva e il mantenimento di quella genitoriale”. In altre parole, si tratta di un percorso che permette ai genitori di riorganizzare la loro relazione per continuare a prendersi cura dei figli anche dopo la separazione.
È importante sottolineare che lo scopo della mediazione familiare non è riconciliare la coppia ma riorganizzare i rapporti familiari al fine di favorire il raggiungimento e il mantenimento della cogenitorialità.
Quest’ultima consiste nella partecipazione attiva di entrambi i genitori alla crescita dei figli e nella distribuzione equa delle responsabilità genitoriali.
2. Quando è utile la mediazione familiare?
La mediazione familiare offre alla coppia in crisi uno spazio sicuro e neutrale, al di fuori dell’ambito giuridico, dove poter affrontare questioni pratiche ed economiche relative alla gestione dei figli.
È particolarmente utile quando i livelli di conflittualità tra i due ex coniugi sono molto elevati e quando diventa difficile, se non impossibile, comunicare e trovare un accordo. In questi casi, è concreto il rischio che i figli siano esposti o coinvolti direttamente nei conflitti della coppia o che siano strumentalizzati da parte di un genitore contro l’altro.
In 10/12 incontri, la mediazione familiare permette ai due ex coniugi di attenuare le conflittualità e riaprire un canale comunicativo, per giungere a un accordo relativo alla separazione e alla gestione dei figli.
3. Chi conduce la mediazione familiare?
Ad aiutare la coppia in crisi e guidarla nel complesso processo della separazione è il mediatore familiare, un professionista con specifica formazione e adeguate competenze.
Questi deve rappresentare un terzo neutrale che, in un contesto protetto, favorisce il dialogo tra le parti, l’ascolto e la comprensione reciproca. Il mediatore aiuta i due ex coniugi a trovare anche soluzioni pratiche a problemi concreti e a raggiungere un accordo condiviso che si adatti alle esigenze di entrambi e tuteli il benessere dei figli.
4. Cosa cambia con la Riforma Cartabia?
Prima della Riforma Cartabia (legge 206/2021), il panorama giuridico italiano mostrava pochi riferimenti alla mediazione familiare, nonostante venisse già applicata come intervento dall’entrata in vigore della legge 54/2006 sull’affido condiviso.
La Riforma Cartabia (dal nome di Marta Maria Carla Cartabia, “madre” della riforma) segna una svolta significativa, in quanto valorizza la mediazione familiare come sistema alternativo di risoluzione delle controversie. Questa valorizzazione passa attraverso una serie di novità importanti:
- Per prima cosa, la legge prevede che “il giudice informi le parti della possibilità di avvalersi della mediazione e che possa invitarle in ogni momento a rivolgersi a un mediatore” (art. 473 bis 10 c.p.c.). Ciò significa che il giudice è obbligato a informare i due ex coniugi della possibilità di ricorrere a un percorso alternativo di aiuto, enfatizzando l’importanza della mediazione. Inoltre, può invitarli in ogni momento a intraprendere questo percorso, interrompendo il processo e rinviando l’adozione di provvedimenti relativi ai figli (Art. 155 c.c.). Così facendo si dà tempo ai genitori di tentare una mediazione per giungere a un accordo.
- Per facilitare il ricorso alla mediazione su invito del giudice, viene istituito presso i Tribunali un elenco di mediatori, con adeguata formazione e specifiche competenze, iscritti presso le associazioni di mediazione riconosciute. È possibile per le parti consultare l’elenco e scegliere il professionista a cui rivolgersi.
- Come terza novità, la legge prevede che “il giudice prenda atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi dei genitori, in particolare se raggiunti all’esito di un percorso di mediazione familiare” (art. 337 ter. c.c.). In parole più semplici, la Riforma Cartabia dà maggior valore agli accordi stipulati dai genitori in un contesto di mediazione, relativi alla gestione e al mantenimento dei figli. Infatti, al termine del percorso di mediazione, l’accordo stipulato può esser sottoposto a un avvocato affinché ne verifichi la conformità alla legge; se tale accordo è ritenuto formalmente valido, il giudice ne prenderà atto per la decisione finale.
- Infine, la legge dispone il divieto di intraprendere un percorso di mediazione in presenza di violenza domestica o di genere; in caso la mediazione sia già stata avviata, qualora emergessero notizie di violenza, è obbligatorio interrompere il percorso (art. 473 bis 43 c.p.c.). In altre parole, la Riforma Cartabia specifica anche quando è obbligatorio non avviare la mediazione o interromperla, ovvero se presente violenza domestica, a tutela della vittima.
5. Ci sono casi in cui la mediazione familiare è obbligatoria?
La mediazione familiare è un percorso volontario, in quanto la sua buona riuscita ha come presupposti la libera adesione dei due ex coniugi e la loro disponibilità a mettersi in discussione per affrontare alcune questioni relative alla separazione.
Ciò che cambia con questa riforma è che, oltre a essere attivata spontaneamente dai genitori, può essere indicata dal giudice, diventando uno strumento maggiormente integrato nel processo giuridico.
Nonostante la mediazione non diventi mai un obbligo legislativo, esistono casi in cui è caldamente consigliata dal giudice, per esempio situazioni di estrema conflittualità tra gli ex coniugi, che impedisce qualunque contrattazione, o casi di strumentalizzazione dei figli a favore di un genitore.
Se i genitori rifiutano di tentare la mediazione, il giudice procederà nell’iter giudiziario ordinario; qualora invece decidessero di aderire, il giudice prenderà atto degli accordi stipulati al termine del percorso di mediazione.
In conclusione, con la Riforma Cartabia la mediazione familiare è riconosciuta come un utile strumento per le coppie in via di separazione, in grado di incoraggiare un dialogo pacifico e risolvere i conflitti.
Rappresenta un’opportunità per riuscire a mantenere le relazioni familiari e continuare a esercitare la funzione genitoriale.
Come afferma la giurista Marta Cartabia: “La nostra società ha un gran bisogno di imparare a ricomporre i conflitti […]; imparare a disinnescare il potenziale esplosivo del conflitto – di qualunque natura esso sia – prima che deflagri, e offrire strumenti giuridici per farlo, è, oltre che un bene in sé, il più efficace contributo alla modernizzazione della macchina della giustizia che potremo consegnare alle generazioni future”.