Il professor Michele Geraci, economista che insegna presso la Nottingham University in Cina, conduce da anni studi ed analisi su come, uno dei paesi più controversi e contraddittori del pianeta, la Cina, riesca a mantenere e sviluppare progressivamente nuova ricchezza, mettendo in serio pericolo l’economia occidentale. L’Europa, in questo periodo storico sta cercando di affrontare la Cina, ma a livello economico il paese asiatico sa bene come muoversi e dove investire, accaparrandosi squadre di calcio, case di moda e tante altre realtà tipicamente nostrane, che fino ad oggi erano state il nostro orgoglio e la nostra forza.
Le politiche attuate negli ultimi quarant’anni in Cina però non riguardano solo questioni prettamente economiche ma, come è ben noto, anche il controllo demografico, che ha influito anch’essa sulla crescita del paese.
Il professor Michele Geraci, nel suo blog, analizza la questione con attenzione e lungimiranza, individuando i pro e i contro di questa politica tanto lontana dalla nostra concezione di democrazia.
Già nel 1975, il governo cinese spingeva la popolazione a non mettere al mondo più di un figlio, senza ancora divieti tassativi, ma il passo sarà breve. Infatti, nel 1982 fu promulgata la legge che proibiva alla popolazione di avere più di un figlio, ma questo divieto non riguardava ancora tutti: nelle zone rurali, era possibile avere un secondogenito dopo almeno 4 anni dalla nascita del primo, nel caso in cui quest’ultimo fosse stato una femmina: questi sono gli anni in cui in Cina i bambini nascevano e non venivano registrati, un’intera generazione di fantasmi. Dal 2000 in poi abbiamo assistito ad un lento ammorbidimento: infatti, nel caso in cui i genitori fossero stati figli unici, anche nelle città era possibile una seconda gravidanza, fino al 2015, anno in cui sono state abolite le restrizioni relative al concepimento.
Qual è l’impatto che questa politica di controllo delle nascite ha prodotto nel corso degli anni? Innanzitutto il tasso di fertilità è diminuito, quindi una famiglia media cinese risulta ad oggi composta da 3 individui, 2 genitori ed un figlio. Da un punto di vista un po’ più macro, possiamo però notare il ruolo che il controllo demografico ha avuto nella diminuzione della povertà, mantenendo alto il Pil pro capite (chiaramente aumentando il Pil e mantenendo perlopiù invariata la popolazione).
Quali sono invece gli effetti negativi? Il professor Michele Geraci ne individua soprattutto uno: tenere sotto controllo la crescita demografica ha aumentato il rischio di vedere invertita la piramide demografica, che in una società sana e ben distribuita, vede un alto numero di bambini (che sono la base della piramide) e una progressiva diminuzione del numero degli individui, mano a mano che si osservano età più avanzate (parte centrale e apice della piramide). Purtroppo questa inversione, che viene sintetizzata in un eguale numero di giovani ed anziani, è una realtà che ha già iniziato a manifestarsi, e sarà sempre più evidente mano a mano negli anni. Questa tendenza però non è solo cinese, ma è stata individuata anche in molti paesi occidentali: senza dubbio però le politiche demografiche attuate in Cina hanno accelerato questo progressivo invecchiamento della popolazione.
La Cina ha agito, dal canto suo, per il bene comune e non si è tirata indietro quando ha dovuto privare i cittadini della propria libertà personale: è giusto anteporre il bene del paese, a discapito del benessere del singolo individuo? Ai posteri l’ardua sentenza.