In base al principio che determina la libera circolazione dei professionisti riconosciuti nell’Unione Europea, uno psicologo che abbia conseguito il proprio titolo professionale rispettando modalità e termini previsti dall’ordinamento giuridico di uno stato membro ha il diritto di esercitare la sua professione anche nel territorio degli altri stati membri.
Questo può avvenire rispettando le procedure stabilite dai rispettivi stati di competenza.
Inoltre, la Direttiva 2005/36/E, riportata in Italia tramite il D.lgs 206/2007, offre la possibilità al cittadino facente parte dell’Unione Europea di esercitare la propria professione di psicologo sulla base della libera prestazione di servizi o in virtù del diritto di stabilimento.
Nelle prossime righe scopriremo insieme che cosa significano questi ultimi due termini, grazie all’aiuto della Dott.sa Lavinia La Torre, esperta in psicologia e psicoterapeuta. All’interno del suo sito web appena linkato potrete inoltre avere maggiori informazioni riguardo ai suoi studi, alle sue aree di intervento e alle sue pubblicazioni nel corso degli anni.
Libera prestazione di servizi: su cosa si basa
La libera prestazione di servizi prevede la possibilità per uno psicologo che abbia l’autorizzazione ad esercitare la professione in uno stato membro dell’Unione Europea di esercitare parimenti in un altro stato membro dell’UE senza alcuna necessità di richiedere di nuovo il riconoscimento della qualifica da parte dello stato ospitante.
Questo può avvenire a patto che l’esercizio della professione avvenga in modo temporaneo e occasionale (secondo l’Art. 5 comma 2 della Direttiva 2005/36) e che questa eventualità sia prevista dallo stesso stato ospitante.
La norma, però, non definisce in alcun modo la temporaneità e l’occasionalità, limitandosi ad asserire che le valutazioni devono essere fatte caso per caso, tenendo conto della durata della prestazione, della frequenza, della continuità e della periodicità.
Ai sensi dell’Art.7 della Direttiva appena citata, lo stato membro ospitante può richiedere una dichiarazione preventiva allo psicologo, da dover presentare all’autorità competente (in Italia il Ministero della Salute) e da rinnovare ogni anno.
Nel caso in cui il professionista si trovi a presentare per la prima volta la dichiarazione preventiva, lo stato membro può richiedere di allegare la documentazione indicata all’Articolo 7 comma 2 della Direttiva.
La libertà e il diritto di stabilimento
In virtù del Diritto di Stabilimento, uno psicologo autorizzato dalla normativa italiana ad esercitare nel nostro Paese ha la possibilità di trasferirsi regolarmente in un altro stato membro dell’UE e richiedere il riconoscimento del suo titolo professionale per esercitare l’attività nelle stesse condizioni previste dallo stato in cui si stabilisce per i propri cittadini.
Per il riconoscimento, le Autorità competenti in materia dei vari paesi confrontano il percorso di studi e professionale del richiedente con quello previsto dai rispettivi ordinamenti. Se dal confronto emergessero delle difformità tra il percorso sostenuto e quello previsto per l’esercizio della professione nello stato in cui si fa richiesta, allo psicologo potrebbe essere richiesto di compensare le difformità tramite delle prove attitudinali o dei tirocini di adattamento.
La condizione necessaria per il riconoscimento del titolo professionale in uno stato dell’UE differente dal quello nel quale è stato conseguito è che il professionista disponga di tutte le autorizzazioni all’esercizio della professione nel suo paese di origine.
Ad esempio, ad uno psicologo italiano verrà richiesta la presentazione del diploma di laurea e l’iscrizione all’Albo.